Tutto è pronto: la prima, nella provincia di Avellino, casa rifugio per donne vittime di violenza ha aperto le sue porte all’Irpinia e all’Italia. La struttura è stata intitolata alla giovanissima “Antonella Russo”, 23enne uccisa, nel 2007, a Solofra dall’ex compagno della madre: una scelta compiuta per mantenere viva la memoria della giovanissima studentessa irpina come monito ed esempio da consegnare alle future generazioni. Un segnale importante per tante donne ingabbiate in un inferno quotidiano di violenza e maltrattamenti dal quale non riescono ad uscire, mancando loro gli strumenti materiali per farlo.
Un’emergenza in crescita anche in Irpinia, come emerso dal lavoro di ascolto del territorio compiuto dai numerosi sportelli antiviolenza e dal quale ha preso forma il progetto ideato da Casa sulla Roccia e plasmato dalla cooperativa Demetra, quale soggetto attuatore. «È un progetto per noi molto importante e rispetto al quale abbiamo cercato di accelerare al massimo i tempi, alla luce dei segnali sempre più insistenti che ci arrivano dalle cronache nazionali e non solo» ha spiegato Luigi Vitiello, il nuovo presidente di Casa sulla Roccia che ha sottolineato la valenza di una struttura che può diventare «un punto di riferimento per le donne che potrebbero avere bisogno di trovare sostegno ed accoglienza». E proprio per la valenza che questo luogo può assumere Vitiello ha auspicato una vicinanza ed una piena assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni. «Queste strutture – ha spiegato il Presidente – sono un segnale importante per i territori e le loro comunità, ma hanno dei costi. Fin qui siamo riusciti, con il contributo di privati e con le risorse reperite nel quadro dei finanziamenti europei, a fare quanto necessario per avviare il lavoro. È però importante che ci sia il sostegno, l’aiuto di tutti, anche delle amministrazioni».
Parole alle quali hanno fatto eco quelle di Maria Rosaria Famoso, presidente della cooperativa Demetra, che ha ribadito proprio l’importanza del ruolo che le istituzioni e gli Enti pubblici hanno in casi simili, così come ha praticamente dimostrato la virtuosa testimonianza offerta, in questa vicenda, dall’Amministrazione di Ospedaletto d’Alpinolo, comune sul cui territorio insiste casa “Antonella Russo”, la prima del suo genere ad aprire a Sud di Caserta e, dunque, ad insistere sul territorio dell’intero Mezzogiorno. A spiegarlo, con una punta di emozione, è stato lo stesso primo cittadino della comunità ai piedi del Monte Partenio, Antonio Saggese che ha ringraziato «Maria Rosaria Famoso e Mauro Aquino (presidente emerito di Casa sulla Roccia, ndr) per l’occasione che ci hanno dato di ospitare questa importante iniziativa. Per noi, comunità di Ospedaletto, che viviamo all’ombra del Santuario di Motevergine, è un’ulteriore opportunità che ci viene offerta per dimostrare che, come suggerisce il nome stesso del nostro paese, l’accoglienza, l’ospitalità, sono parte del nostro dna». Il paese della Juta, dopo le felici esperienza dei accoglienza di migranti ricordate dallo stesso Sindaco, crede «moltissimo nell’esperienza della casa rifugio grazie alla quale – ha proseguito Saggese – abbiamo modo di addentrarci in una tematica tanto complessa e drammatica come quella della violenza sulla donne». E da uomo oltre che da amministratore, Saggese ha ricordato l’importanza rivestita dagli interventi pubblici volti a prevenire gli episodi di violenza o a supporto delle vittime. «Quando si arriva alla tragica uccisione di una donna è già tardi e non bisogna ridurre simili episodi al frutto di meri raptus omicida. La verità è che questi drammi partono da lontano e sono sempre preceduti da una serie di sintomi che segnalano la presenza di una vera e propria malattia rispetto alla quale bisogna intervenire. Per questo è necessario che sul territorio siano presenti strutture, come erano un tempo i consultori, destinati all’ascolto delle donne». Una catena istituzionale di supporto della quale le case come quella di Ospedaletto non sono che l’ultimo anello di un processo più ampio e complesso che, come ha puntualizzato il Sindaco, «è anche culturale. Serve rifondare il movimento culturale che riguarda il ruolo delle donne nella società perché, è inutile negarlo, l’egemonia maschile permane e la donna, in troppi casi, è vista come una proprietà e non come una persona. Bisogna lavorare a partire dalla scuola e attraverso l’informazione ma lo Stato è chiamato, assolutamente, a fare la propria parte».
Un impegno, di società civile ed istituzioni, necessario a dire mai più e per evitare che storie tremende come quella di Antonella non si ripetano più. Perdite incolmabili come raccontato dalla commozione della madre della studentessa, Lucia De Stefano, seduta anche lei intorno al cerchio che ha accolto la stampa all’ingresso della casa che porta il nome di sua figlia. «Queste scarpe» ha detto Lucia, riferendosi all’installazione realizzata con le scarpe di donne cadute per mano di uomini che hanno ritenuto di poter disporre delle loro esistenze come di oggetti, «hanno un enorme significato perché raccontano di donne che non ci sono più, di vite che non torneranno come quella di Antonella la cui memoria, però, vivrà ogni giorno all’interno di questa casa. La sua apertura mi commuove e mi riempie di gioia e non solo per questo ma anche perché le persone che verranno qui troveranno via d’uscita da una vita malata, troveranno il coraggio denunciare e di voltare pagina, ma non da sole perché da sole non si può: serve aiuto per riuscire».
Aiuto come quello che sarà fornito dall’équipe, tutta al femminile, di sociologhe e psicologhe chiamate a lavorare all’interno della casa che potrà accogliere fino a sei donne, con relativi bambini, per un periodo massimo di sei mesi, accompagnandole in un percorso di ristabilimento personale e reinserimento sociale. Un’esperienza di accoglienza nell’accoglienza visto che la struttura si è preparata anche all’eventualità di aprire le proprie porte a donne straniere e migranti, laddove dovesse presentarsene l’occasione e la necessità.
L’autrice dei pannelli esposti nella casa durante l’evento di inaugurazione (tra cui quello ripreso nell’immagine di copetina) è Anarkikka, blogger de “L’Espresso”, mentre l’installazione “Nelle loro scarpe” è una realizzazione della sociologa Claudia Stella, ex vice sindaco di Santa Lucia di Serino
(da Orticalab.it – 9/9/2016 Giulia D’Argenio)